sabato 25 febbraio 2012

La parentesi


Élodie Durand, La parentesi, Coconino press, Bologna, 2011.
Prima edizione francese: La Parenthèse, Guy Delcourt production, Paris, 2010.

La parentesi ha vinto nel 2011 il premio rivelazione dell'anno del festival di Angoulême.
Il tema trattato è insolito, molto personale: ad un primo livello di lettura, si tratta del racconto della malattia avuta dall'autrice (epilessia, causata da un piccolo tumore nel cervello), presentato sotto forma di lettera alla madre. Le prime manifestazioni della patologia non sono fisicamente molto gravi, ma psicologicamente terribili: perdite di memoria, prima di pochi minuti e poi di giorni interi. Col procedere della malattia e della storia, l'autrice si trova a vivere in uno stato di quasi incoscienza, segnato da pochi sprazzi di lucidità: per questo, come viene chiarito nelle ultime pagine, il fumetto è anche un raccontare a se stessa quegli anni, e un tentativo di accettare la malattia, ormai superata grazie alle cure.

A un secondo livello, più generale e più profondo, il fumetto racconta del rapporto dell'uomo con la propria testa: l'epilessia e il tumore rendono questa parte del corpo, essenziale per noi ma non fondamentale per l'esistenza, qualcosa di estraneo alla persona.
Élodie Durand, che nel fumetto si "nasconde" sotto il secondo nome Judith, sa che la testa è la parte malata, che nel cervello si nasconde la malattia: ma non è qualcosa che si possa eliminare e sostituire, come una gamba, un seno o anche un fegato. È grazie al sistema nervoso centrale, che per la maggior parte si trova proprio nella testa, che noi esseri umani sapiens sapiens siamo consapevoli della nostra esistenza e possiamo pensare. Se la testa impazzisce, inviando semplici segnali elettrici fuori luogo, è tutto l'essere umano a impazzire.
E quindi la malattia coinvolge in maniera totale la percezione di sè. Per questo, nei disegni fatti nel periodo subito successivo alla malattia e pubblicati nel volume, il viso è nascosto, dietro sbarre o mani, oppure cancellato da violenti tratti neri. Viviamo nella nostra testa, e se non ne abbiamo il controllo, allora non viviamo più, non come esseri umani.


Come raccontato nel fumetto, la malattia ha lasciato segni nella personalità dell'autrice anche dopo la guarigione: forse per questo gran parte della storia è disegnata a matita o carboncino. Solo i tratti fondamentali, i contorni delle figure, sono tracciati con inchiostro e pennino: credo che l'idea sia quella che i fatti non sono affatto stabili o univoci. La vicenda nuda e cruda rimane quella: la malattia, le cure, la guarigione, la nascita, la vita e la morte. Ma il resto, la percezione di quello che accade, le decisioni che si prendono, gli affetti personali e la propria vita, quelle sono cose che possono essere cancellate con facilità, da un'evento improvviso e imprevedibile come una crisi di epilessia che ti fa perdere la memoria.


Insomma, non un fumetto per rilassarsi, ma qualcosa che si avvicina a una riflessione filosofica, sul rapporto fra corpo e pensiero che sono carne e anima, cioè la stessa cosa.

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