venerdì 9 marzo 2012

Io le pago


Chester Brown, Io le pago. Memorie a fumetti di un cliente di prostitute, Coconino Press-Fandango, Bologna, 2011.
Edizione originale canadese: Paying For It, Drawn & Quarterly, 2011.


Necessaria premessa.
In giro si dice che i lettori di fumetti non siano molto abili nei rapporti sociali. Lo sapevo, ma non pensavo che la cosa mi riguardasse troppo: essendo donna, tendo a esulare dallo stereotipo e me ne disinteresso.
Oggi però ho deciso di essere generosa, e di regalare un insegnamento a tutti quanti (in particolare ai frequentatori del festival BilBolBul di Bologna): se per caso vedete che una ragazza in libreria ha il vostro stesso fumetto in mano, e quel fumetto è quello dell'immagine qua sopra e quindi parla di prostitute, dire «io spero che ci siano gli indirizzi dentro, eheh» non funziona. Non è un grande approccio. 
Poi io vi guardo male, voi vi intimidite e scappate: vedete, non può funzionare! Meglio, chessò, fare commenti arguti sul bel colore rosso della copertina.


Il libro poi l'ho letto in treno: ed ero combattuta fra il non far vedere troppo alla vicina le pagine con le donne e gli uomini nudi, e l'entusiasmo che man mano cresceva.
Perchè Io le pago è un libro a fumetti rivoluzionario.
Racconta la storia personale dell'autore, ma non mi sentirei di definirla "graphic novel": perchè quello che c'è qui, appena oltre la trama, è un saggio a favore della prostituzione. 
Un saggio! Un vero saggio a fumetti! Con tanto di appendici (ventitrè) e note alle vignette, riportate nelle ultime pagine del volume. E le note (che, eccetto alcuni esempi, sono scritte, non disegnate) sono davvero qualcosa che si avvicina all'approccio filologico a un libro moderno: qui l'autore stesso spiega il perchè ha disegnato qualcosa e non altro, quando è successo quell'episodio e perchè l'ha riportato, quando è avvenuta una discussione che l'ha fatto riflettere e quale influenza ha avuto sulle sue idee. Cose che per un filologo richiedono mesi di ricerche in archivi o sono irricostruibili, Chester Brown le dichiara spontaneamente.

E poi il fattaccio: il fumetto come mezzo di espressione delle proprie idee anche forti, non solo come racconto/reportage che porta implicitamente alla riflessione.
La storia però non è solo un prestesto per poi partire con la riflessione vera, con cui si può essere d'accordo o meno: è il racconto di come Chester Brown è arrivato ad avere le proprie idee, attraverso quali episodi e discussioni con gli amici.

Nel 1996 Chester, lasciato dalla propria ragazza, continua a vivere con lei e il suo nuovo fidanzato: vedendo il rapporto dei due innamorati dal di fuori, totalmente privo di risentimento o gelosia, decide che l'amore romantico non fa per lui. Ha però un bisogno fisico di contatto con le donne: per questo, dapprima reticente e poi sempre più convinto, comincia a frequentare le prostitute. Attraverso i loro rapporti, fisici e anche affettivi, arriva a sviluppare una propria tesi strutturata: i rapporti sessuali a pagamento sono logici e onesti, e la prostituzione in Canada andrebbe depenalizzata.


Ciò che colpisce sin dalle prime pagine è l'estraneamento emotivo dell'autore: dagli amici gli viene rimproverato di sembrare indifferente al "tradimento" da parte della fidanzata. A pagina 255, nella 23a appendice, uno di questi amici dichiara chiaramente che Chester Brown, anche nella vita reale, non mostra mai i suoi sentimenti, pur essendo una persona gentile e premurosa. 
In effetti, in tutto il libro, l'espressione dell'autore-protagonista rimane immutata, impassibile. E questo, insieme alle vignette piccole e al mantenimento costante di un piano medio (nessun primo piano, nessun campo lungo - camera fissa a un paio di metri) contribuisce all'estraneamento anche del lettore. Dopotutto, essendo un saggio e non un romanzo, ed essendo la parte a fumetti paragonabile a un lungo e godibilissimo esempio, non avrebbe senso coinvolgerlo.
Probabilmente le vignette piccole e poco dettagliate sono anche una conseguenza del non voler rivelare l'identità delle ragazze coinvolte, come viene spiegato nella prefazione: di nessuna di esse viene mostrato il volto, e neanche segni particolari che possano identificarla.


Tuttavia, nonostante l'apparente distacco emotivo, Chester Brown mostra sempre un grande rispetto per gli altri - e per se stesso: non condivide le opinioni altrui, ma sembra che lo consideri un fatto più che altro suo. Comunica la propria tesi e confuta quelle degli altri, ma sempre senza violenza verbale: si può non essere d'accordo con quanto afferma, ma penso che nessuno possa sentirsi offeso o attaccato.
Il punto è che Chester Brown sembra sentire il bisogno di raccontare non per smontare le opinioni altrui, ma per dimostrare la bontà della propria. Lo fa perchè lo ritiene giusto, per aiutare le ragazze che scelgono di prostituirsi, e basta.


Una motivazione onesta e valida, che ha portato alla realizzazione di uno dei migliori fumetti degli ultimi anni.

4 commenti:

  1. Che bella recensione Mari!

    In effetti sfogliando il fumetto l'altra sera sono rimasta colpita: non è solo curiosità morbosa quella che ti tiene incollato alle pagine... è la sorpresa di trovarsi davanti a opinioni sicuramente discutibili, ma anche oneste, limpide, su un tema così delicato.

    E poi, vogliamo parlare dell'approccio filologico??? :)

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    1. Lo sai che un debole per i filologi...secondo me Chester Brown si veste di marroncino o grigio! :)

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  2. Osservazione filologica: la differenza tra il titolo italiano (io LE pago) e quello in inglese (Paying for IT). Anche nei sottotitoli quello italiano è più esplicito, l'originale è: A Contemporary Defense Of The World's Oldest Profession. Brava Maria-Angela!

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    1. Pensa che la prima delle note di Chester Brown è proprio dedicata al titolo (in inglese). E, come ogni titolo quando lo chiedi all'autore, è stato scelto dai suoi editor, non da lui! Anzi, dice che non gli piace molto, perchè "paying for it" vuol dire anche "pagarla", nel senso di scontare, espiare qualcosa, cosa che C.B. non ritiene di stare facendo.
      Sicuramente il doppio senso è voluto - forse nel mercato canadese è più difficile vendere o esporre libri del genere? Credo comunque che la Coconino abbia rispettato maggiormente la volontà dell'autore.

      OT: mi chiedo a che serva avere un nick, visto che nessuno lo usa! :)

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