lunedì 21 luglio 2014
Il mondo così com'è, o forse no
Tiziano Scarpa e Massimo Giacon, Il mondo così com'è, Rizzoli Lizard, 2014.
Il mondo così com'è, ultima opera di Tiziano Scarpa e Massimo Giacon, si presenta come un bell'oggettino. È un libro nel consueto formato da graphic novel 17x24, racchiuso da un cofanetto colorato: ma basta scartare il cellophane che lo avvolge per cominciare a sentirsi disorientati. Il cofanetto nasconde infatti un volumetto delle stesse dimensioni ma orientato in orizzontale anzichè in verticale: e il contenuto, mimetizzato dai disegni puliti, scorrevoli e pop di Giacon, è un rebus dai molteplici livelli di lettura. Una sfida irresistibile per chiunque, oltre alla trama, cerchi una sincera riflessione sul mezzo.
Alla base del mezzo-fumetto in generale c'è infatti un equivoco, che Giacon e Scarpa sbattono in faccia al lettore sin dalla prima pagina. È lo scambio fra parola-parlata e parola-scritta: tutti crediamo che i personaggi dei fumetti parlino, dicano qualcosa, ma in realtà tutto si svolge sulla carta stampata. È un corto circuito che si trova simile anche in altre arti (ad esempio nei dialoghi dei romanzi, nel cinema, nel teatro), ma è nel fumetto che raggiunge la maggiore intensità, perché i confini fra parlato, scritto e recitato si fanno sottili nella lettura solitaria.
Non solo l'equivoco viene presto svelato, ma su di lui si basa quasi tutta la trama (dall'architettura piuttosto complessa). In breve, Alfio Betiz, protagonista del fumetto, vive in un fumetto: colpito da una malattia degenerativa, vede gli oggetti e gli animali parlare; non che li ascolti, ma proprio vede nell'aria le parole che gli oggetti stanno pensando. C'è l'uccellino che morirà di fame perché è il più debole del nido; c'è il sole che si lamenta delle nuvole e degli aerei; ci sono le insegne luminose che ricordano i bei tempi andati dei cinema e degli hotel. Il mondo di Alfio (doveva essere questo il titolo dell'opera, come si evince dai «contenuti speciali» in coda al volume) è il fumetto: ed è frutto di una terribile malattia neurologica che porterà a infauste conseguenze.
Interessante è anche che la storia di Alfio non venga narrata da lui stesso, ma che si utilizzino diverse cornici narrative. Viene infatti raccontata durante una lezione di psichiatria a un'aula di studenti universitari: il lettore assiste alla lezione e soprattutto allo scambio di bigliettini e commenti sul caso fra due studenti, Paulo e Francisca. La storia passa quindi attraverso almeno due filtri e un paio di interpretazioni mediche e goliardiche; e sembrerebbe quasi tutto accettabile, se non fosse che nelle ultime pagine (spoiler! Ma niente di così fondamentale) si scopre che il narratore non è il professore, bensì un caso clinico egli stesso, un malato inventore di storie portato all'attenzione degli studenti dallo stesso narratore.
Quindi "il mondo di Alfio", cioè il fumetto, sembrerebbe essere stato inventato da un pazzo. Ma il titolo definitivo non è "il mondo di Alfio": è Il mondo così com'è. Si tratta di un mero stratagemma editoriale, per aumentare l'interesse, o di una decisione autoriale? E dando per buona la seconda, è il mondo stesso (le sue relazioni, le sue malattie, la vendetta, i cinismi e l'amore) ad essere stato inventato da un pazzo?
Insomma, Il mondo così com'è è una lettura intrigante ma non un fumetto da ombrellone. Sforzandovi potreste leggerne solo i risvolti romantici (ce ne sono almeno un paio), ma rischiate di arrovellarvi per tutto il resto sotto un sole già cocente. E di trovarvi irrimedialmente a chiedervi cosa mai volesse dire la presa elettrica, all'interno di una chiesa, il cui baloon ad Alfio viene per sempre impedito di leggere.
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"Ma il titolo definitivo non è "il mondo di Alfio": è Il mondo così com'è. Si tratta di un mero stratagemma editoriale, per aumentare l'interesse, o di una decisione autoriale?"
RispondiEliminaSi tratta di una decisione autoriale.
"Il mondo così com'è" era fin dall'inizio uno dei titoli possibili che Massimo e io avevamo prospettato, "Il mondo di Alfio" era uno dei vari titoli provvisori.
Una riflessione: per elementi così interni all'ideazione artistica di un'opera, come il titolo, io sono un autore piuttosto geloso, non delego la decisione agli editori. Posso ascoltare i loro consigli, senz'altro, e prendere in considerazione molto seriamente le loro proposte. Ma la decisione finale sul titolo di un'opera secondo me è giusto che appartenga completamente all'autore di quell'opera.
Grazie della lettura e della recensione!
Tiziano Scarpa
Wow, non potevo chiedere una risposta più autorevole! Grazie della spiegazione :)
Eliminaè una recensione davvero intrigante, oggi la condivido su FB. Non ho molto altro da aggiungere che Tiziano non abbia già scritto, e poi il lavoro dovrebbe parlare da sé... Grazie per il tuo interessamento!
RispondiEliminaInteressarsi a un libro ben fatto è facile... grazie a voi per averlo scritto/disegnato :)
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